Non aggiorno il blog da qualche tempo e c’è un motivo. Anzi, ce ne sono tantissimi… tra questi una mattinata all’Università Cattolica di Brescia, dietro la cattedra…
Se c’è una cosa che ho sempre pensato, fin dai tempi del liceo, è che insegnare non è il mio lavoro: un’idea che mi ha sempre terrorizzata era quella di entrare in una classe a parlare, spiegare, insegnare.
Potete figurarvi lo scompiglio che ha generato in me e nelle mie convinzioni la proposta di tenere una lezione all’università. Molto. Scompiglio. Molto. Io che poi prendo ogni piega della vita come fosse una questione di vita o di morte. Io che ho iniziato a scrivere perché parlare non era proprio per niente la mia passione, in pubblico poi…
Ma, sapete com’è, la vita è davvero uno strano mestiere e chiede di continuo di uscire dalla propria zona d’ombra. E più si va avanti e più lei insiste, viene lì e ti stana, proprio dai tuoi angolini preferiti. Come si fa a dirle di no? Dopotutto mi sto accorgendo che è molto più divertente, al saldo dei conti, mettere il naso fuori dalla tana. Non che sia facile eh, ma “nella vita abbiamo sempre due alternative. La seconda via, in generale, è la più difficile da percorrere, anche la più rischiosa. Ma è anche quella che regala più soddisfazioni”. E qui mi auto-cito. Sì perché alla fine sono andata a farla la mia “lezione”…
Pare che i ragazzi che approdano al primo anno della Facoltà di Lettere non abbiano ben chiara l’importanza di saper padroneggiare la lingua italiana scritta e il nesso che tra questa e la capacità di lettura critica intercorre. Fatto un po’ curioso, non trovate? Così per poter dare l’esame di Letteratura italiana devono frequentare un laboratorio di lingua italiana scritta (non scrittura creativa…).
Alla Cattolica di Brescia c’è una prof molto “ganza” che a fine corso propone agli studenti alcuni approfondimenti. E così mi ha invitata a raccontare e a spiegare l’utilità del saper scrivere nel mondo del lavoro, non solo in ambito scolastico o accademico.
E quindi cosa sono andata a dire? Qui solo alcuni spunti. In tono ironico e un po’ provocatorio, ho intitolato la mia lezione: “Non sono mai rimasta senza un lavoro perché so scrivere” .
Quello che scriviamo dice sempre qualcosa di noi. Non è importante scrivere bene solo perché è richiesto o necessario o solo per fare bella figura, nelle parole che scegliamo, nelle fonti che cerchiamo, nelle virgole che mettiamo, nella cura e nel tempo che dedichiamo a rileggere quello che abbiamo scritto, nella precisione con cui rispondiamo alla consegna data, lì e proprio lì, in quei dettagli mettiamo qualcosa di noi e lo diciamo a chi consegniamo il nostro pezzo di carta o il nostro messaggio digitale.
Uno può anche non avere il dono della scrittura, perché anche di dono si tratta, ma la cura e la passione di quello che facciamo queste sì sono responsabilità di chiunque. Scrivere bene è una cosa importante e a tratti fondamentale perché parla di noi, che sia una mail, un compito in classe o un post su Facebook.
Ci sono alcuni dettagli, ormai dati per scontati, che fanno la differenza, che servono per scrivere bene e che vengono prima e vanno oltre la semplice “tecnica”:
– interesse personale per le cose
– curiosità
– attenzione
– passione
– cura del dettaglio
– leggere (non si può imparare a scrivere se prima non si impara a leggere)
E anche questi piccoli dettagli saranno molto utili per trovare un lavoro quando metteranno il naso fuori dall’aula.